1973-74: Grandi arrivi per controbattere la Lazio ma...Scopigno, toccata e fugaSulla panchina c'é il "filosofo". Che dopo sei giornate saluta tutti e se ne va dicendo: "Voi siete matti!". Fra i matti sono da mettere anche il vecchio Domenghini e Pierino Prati detto "la peste"
Anche questa era gente che si portava dietro ricordi di prodezze compiute,
lontane e ormai irripetibili? Non sembrava, se gli uomini nuovi che la Roma
presentava, all'inizio dell stagione 1973/74, si chiamavano Pierino Prati e
Angelo Domenghini, e l'allenatore era un personaggio inedito per i campi delle
Tre Fontane ma non certo per l'ambiente romano, i suoi cenacoli, le lunghe serate
in cui si parlava tanto ma non si sprecava una parola: Manlio Scopigno. Lo chiamavano
«il filosofo», conosceva vizi e virtù della sua gente, scopriva
l'inghippo con uno sguardo, fiutava il nemico da lontano. O la presenza di tutta
questa gente significava che era in atto un'epurazione? Il gladiatore annoiato
Si erano appena spente le straordinarie stagioni di Angelo Domenghini. Il
'70 rimasto famoso, perchè aveva portato lo scudetto a Cagliari. Trenta
partite disputate da protagonista. Il nervoso sodalizio con Gigi Riva, potenza
e temperamento, due caratteri esplosivi, giornate piene di fatica, di vittorie
e di polemiche a brutto muso. Molta gelosia di quella sana, rivalità
tra leaders autentici. Manlio Scopigno sornione che sembrava indifferente e
non li lasciava un minuto, con quella sua strana libertà concessa a tutti
che in realtà era libertà vigilata dal suo buon senso; l'abolizione
dei ritiri, l'appuntamento dal Corsaro la mattina della partita. Era una squadra
di fuoriclasse autentici, duraturi, o eletti per l'occasione, con sapienti artifici
tattici, come accadde per il centravanti Gori: ma tutto ruotava intorno a loro
tre, Gigi Riva, Angelo Domenghini, Manlio Scopigno. La rivalità che univa
e divideva Domenghini e Riva esplose nell'ultima giornata, a Torino contro i
granata, che erano abituati alla lotta ma gridarono «mamma mia».
Domenghini aprì le marcature con un gol spettacolare, poi si scatenò
Gigi con una doppietta che sembrava davvero un rombo di tuono. «Voi siete matti!»Dovevano essere vizi accaniti, se alla sesta giornata, dopo la partita di Foggia, Manlio Scopigno abbandonò. Un gesto inatteso, anche se la Roma aveva perso quattro partite su sei. Inatteso per il carattere di Scopigno, abituato a ben altre tempeste, abilissimo nel placare gli umani tormenti altrui e a non farsi contagiare. E poi il filosofo conosceva i suoi polli. Cos'era dunque successo? Scopigno aveva semplicemente capito che avrebbe sofferto, in poco tempo, tutte le pene che non aveva patito neppure a Cagliari, dove aveva portato uno scudetto che equivaleva alla conquista di un impero, visti i precedenti caIcistici dell'isola, e aveva domato due destrieri imbizzarriti (nella trance agonistica) come Domenghini e Riva. Infatti quella sera a Foggia disse, con la sua inalterabile aria tranquilla: «Voi siete matti!». Non fece polemiche, non ci furono momenti spettacolari. Non ci furono scene madri, con retoriche interpretazioni. Scopigno tagliò corto con una telefonata ad Anzalone, il mattino seguente, in cui disse «non tira aria per me». Tratto da La mia Roma del Corriere dello Sport
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